Piccole cose

Cielo a dirotto
la pioggia frastaglia
i passi che tendo a te.
L’attitudine è una falda in cui mi abbevero
ma il tempo porta il giogo
i gabbiani volano bassi.
Addestro la schiena su piccole, terrene cose
finchè tornerai trascinando i tanti trofei del mondo.
Una corona di foglie sassi, i tuoi denti nella notte
non vorrei essere nessun’altra regina.
Dopo tutti questi sogni
finalmente mi avvero.

Cambiamento

Il vento cambia
le parole di bocca
alle cose.
Sprazzi tra pietra e pietra,
stelle raffreddate e cadute sul tuo viaggio
perchè il tuo stremo sappia tornare a me.
Annusi cortecce
il fango che riappacifica le crepe al terreno
la linfa in un ramo o nelle vene di bestie guardinghe.
E a mille cieli da te
a me arriva tutto, cambiato dal vento
neppure troppo.
Concimo le ore
tra i minuti cedo
e tremo.

I perchè

Il sole avvampa
sulle ceste di frutti madidi di succo
i banchi del mercato sotto casa
sono affrescati da alberi in fiore.
Scendo le scale senza capelli
per accusare ogni rumore di non colpirmi abbastanza.
Invece
silenzio, nel contare le monete di resto
silenzio, nelle mingherline ali di una vespa
nelle buste incartapecorite come le mani che le chiudono.
Silenzio nei gomiti sbucciati di un cane,
nell’estremo riposo di un gatto sgualcito.
E io prendo nota di ogni dettaglio
dei perchè che lo alimentano
che lo proiettano nel mio universo
cucendo forze e leve.

Rumore, nella mia grazia.

Rituale

Nel mio giacilio di gambe incrociate
la schiena a stelo increspato dal silenzio
compio il rituale dell’ascolto
di quei pochi auspici sottratti al destino.
A furia di scavare il cielo
e tu lo stesso, incontro a me
ci siamo raggiunti, scambiati di impronte
per cui tutto ciò che porto al viso
è uno sterrato del tuo viaggio
fango che tarpa gli occhi
resina che incolla il dolore in gola
pietre calciate fino al blu.
Per cui tutto ciò che porti al viso
è la mia stupida civiltà
un tappo di sughero leccato dal vino
marmellata e origano quanto bastano
a voltarmi e chiederti se mi ami.

Nel mio giacilio di gambe incrociate
ho disciolto lune specchi d’acqua
scaglie di pesci e lucciole, ogni natura propizia
a farti proseguire il viaggio.
Per quel tempo in cui saremo specchio
e vividi alla mente
ti chiedo, allora, prosegui
… in affluente, verso me.

Un’ora di buio (l’amore)

Il buio ha la sua ora
d’aria che ti entra nelle narici
e amplifica il sangue nei polmoni
nello sguardo ferino.
Il proibito è uno spasmo
l’attimo in cui il buio salta negli occhi
e addestra la mente alle ombre.
Il buio rintocca l’ora
a luna spenta agisce
quando gioisci nella tana delle mani.

Otto lancette
due corpi in amore
che snodano un’ora al suo buio.

I giorni ricominceranno

Una stilla di pioggia
è il dito della primavera
che ferma il suo diario.
I giorni ricominceranno di lune e di tempo
con l’unica via e io con lei sulla porta
quando ti presenterai senza bisogno dei ricordi
solo, i palmi spalancati
in resa all’amore.

Al cielo

La vita trascorsa di schiena
una contro l’altra, il peso a tirare in basso
gli angoli di un volo
come a far smarrire un sorriso. E le caviglie
gonfie di sforzi per alleggerirci.

Sarebbe potuto essere.

Pensa che invece ci siamo dondolati incontro, l’uno all’altra
suggellati nell’atmosfera di novembre e da lì intrecciati.
Serviva questo al cielo
per mettere radici sulla Terra.

Mezza porzione di Gioia

La Gioia è femmina
con la prova costume alle porte
ha smesso di contare da quanto è a dieta
imbandisce la tavola di mezze porzioni
o apre una latta di cibo sintetico
sul divano, e con un cucchiaio allappato da lacrime
scava e si cerca riflessa.

“In inverno si comincia dopo Natale
la primavera è obbligo
d’estate ti passa la fame
in autunno è troppo tardi per tutto.”

Scava, e si cerca riflessa
in una mezza porzione non c’è spazio per la carne
si cerca e scava le ossa con le unghie
finchè quel poco di linfa non gracchia
e indispettita va
a nidiare sul mare di inedia.

In esilio da mio figlio

Una foto dove ridi
dove ridono gli angoli cotti dal sole
tu gli piaci e ti illumina, piccolo mio
raggio di innocenza da cui devo imparare tutto
anche come si rade un volto per farlo onesto.

-In esilio da mio figlio-

Una foto dove ridi
è il solo cibo che non servono alla mensa dei poveri
il mio sguardo è un cucchiaio di ricchezza
accoglie la tua voce che mi chiama papà.

-In esilio da mio figlio-

Una foto dove ridi
è rimasta nella scatola di latta
mentre è un ferro di braccia
il volto di tua madre che ti ergastola a sè.

-In esilio da mio figlio-

Una foto dove ridi
ce l’ha in tasca la battaglia per cui firmo
per cui devo e non vorrei, davvero no
… in esilio da mio figlio.

Orient Express

Il tramonto sferraglia
gli ultimi raggi sulle mie ciglia
ma non mi inarco sotto la cura delle spine, solo
ai petali che rintoccano l’orizzonte.
Un ombrello di pizzo la tua spalla
il cielo la nostra casa,
la vita è davvero creduta
se ciò che diceva era che saremmo stati.
E il treno che scorre
ci coinvolge al domani.