Tra stanza e cielo (ad Alessandra)

Ora che il tempo è nel suo senso finale
penso ai sabati trascorsi tra questa stanza e il cielo
a portare stagioni nell’aria rarefatta di medicine
e dove c’era pioggia, a riderla via
tanto, bastava quella che precipitava la gola.
Semplice fingermi giullare
tradivo tutti, non mia figlia
lesta nel cavalcarmi gli occhi
ascoltava i nitriti della rabbia ed era sempre carezza
sul manto della mia inquietudine.
Ora che il tempo è nel suo senso finale
porto via dalle pareti gli unguenti per le tue ferite
senza chiudere la porta.
Davanti ho un cammino di fiori rossi
il tuo colore nei miei passi è cura profonda
però, papà, tienimi per mano fino al nulla
e non accecherò.

D’insieme

Sbagli commessi
mentre ti cercavo,
la gola mi sgozzava il respiro
finché capii nel sentiero la tua impronta
e giravolte di ossigeno accrebbero i miei occhi
per guardarci d’insieme.

A me manchi tu

Scontorno l’ombra dalla luce
(che pure in lei c’è)
e sudo, libera da prigionie di silenzi
che tempo fa mi raggelavano la voce.
Il sole ficcato in faccia
è roboante più di questi minuti che sfrecciano sulla strada
alla perfezione manca la tua risata
a me manchi tu
al caos quell’elemento chimico
di equilibrio o pazzia. Il nostro bacio.

Fear and Love

Il sole in picchiata deraglia le iridi alla luce assoluta
e balbetto lacrime circostanziate di bellezza arrivata.
In gola fluisce il sapore del cuore
distinguo sangue, sale e sogni in sinfonia perfetta
che sembra uscita chissà dopo quante prove, mentre sei tu
le giuste dosi tra le dita…
e io rimargino.

Cuore dentro cuore

Sui nostri volti
le geometrie suggerite dalle foglie in autunno,
qualche scia di cometa tra i capelli.
Ma risa e gesti
ancora immuni alla malattia di un tempo ormai andato,
frizzanti e caotici
come fiori spontanei sul prato dell’adolescenza.
Stendo i lembi di questa immagine
a colpi decisi di ciglia, e appena sotto
la gioia in girotondo incolla.
Passo per qui ogni mattina
dovrei sapere come siamo fatti insieme ma la luce crea esplorazioni.
Divertiamoci a scoprire quanti passi facciamo con un cuore dentro l’altro.

La carezza

Guancia —–> tempia
nel rettilineo istante
localizzo viaggio e approdo,
un nastro da slacciare è ogni tuo capello
e poco sotto la voglia in divenire
è quel piacere che scarto gusto dopo gusto.

La partenza che ne resta

Riconosco il tuo viso
fra tutti i connotati nati e da fecondare
le iridi che srotoli per contare la distanza
fra dove mi cercavi e ora che mi hai trovata.
Imparo nuovamente i baci che sai darmi
a mia immagine e riverbero, che mi proiettano donna
su ogni partenza che sarai
donna che stringe le meningi alle tue labbra
china sulle tue premure
donna che si profuma del tuo fazzoletto
per avere salve le notti
e il buio, disperarlo via.

Un po’ in preghiera

E’ in lune come queste
che alito la bocca al cielo
un po’ in estasi un po’ in preghiera
per le ore che avemmo insieme.
Buio o luce, non ci importò incastonare la stella polare
non ci importò coltivare la rosa dei venti
perchè eravamo aura e nei baci suggellammo due ampolle
dove, interminati, facemmo tempo.

Figure

Uso il nome della causa per quello dell’effetto
il nome del contenente per il contenuto
della materia per l’oggetto, così come del simbolo per la cosa designata.
Quando ti dico “Ti amo”
uso il nome dell’astratto per il concreto
e il nome mi carnifica dentro, più non capendo
se nel mangiare nutro l’esofago
o le tue vene.

L’antico

Ti pregavo nelle stelle
in ogni simbolo che avesse un’altura da scalare a sensi nudi
stringevo tra le labbra la terra trincerata addosso
granelli più potenti di me che ti cercavo senza saperti.
Capocchie di spilli in riti wodoo meteore tempo nella clessidra
l’antico era in ogni iride retroversa
da infinito mi rannicchiai in retta
… segmento
… punto, e mi lanciai dalla bocca che avevo ancora
verso la tua pelle ignota
una goccia di magma
quietato proprio lì, nell’appena sotto.