Aquilone

Aquilone
caleidoscopio di voli accennati e convulsi
di direttrici tornate sui propri passi
mio urlo policromo del bisogno di macerare
tra i colori e le discrasie del vento
fino a essere goccia perpetua di saliva e pianto
ascesa e discesa tra le tue labbra.

Tre

Tre baci
tre prove d’amore
prova scritta prova orale, media
tra le prime due
tre carezze: sottopelle al confine
a cielo aperto
tre atti pindarici
prologo delirio epilogo
tre quarti: tempo del valzer
e ancora Bacco tabacco Venere
a rimpinzare la tavola le bocche l’ardore.
Ora e solo ora
svelato da noi
il tre può dirsi perfetto.

La vena

Sono una vena
nel bene e nel male degli esseri umani
incapaci di godere delle piccole cose
di valutare le grandi senza esagerare.
Sono percorsa come un tratto di fogna
un viaggio sotto l’aurora
sono una vena tra nutrimento e delirio
tra carestia ed embolia.
Non va meglio con gli dei
per loro o è inferno o Parnaso
che a gran voce mi pretendono
nel piatto del fuoco o dell’ambrosia.
Scrivo sempre in rosso
lo stile del pensiero che si fa carne.
Fortunati voi a essere solo poeti.

L’ultima danza delle lucciole

Brucia il giardino segreto
sterpi e serpi sfavillano per aria.
Mi imbandisco con il male raffermo
lecco cocci di sangue, via dalla tua pelle
scura come un alveare.
Quando è stata l’ultima quadriglia delle lucciole
il baciarci in punta di piedi
per non svegliare la luna?

Brucia il segreto
nel giardino.

La nonna di Lesbo

La chioma di un platano
turgida come un tetto
è fresco approdo per la tua vita
fatta di poche ore, esule senza vissuto
e già sopravvissuto.
Seni ricurvi mani dolorose
pietra e legno, ogni cellula
si incarna nella semplice bellezza.
Il mondo è in primavera.
Frinisce il miracolo.

Come lei

La luna stasera è un bicchiere mezzo pieno
di lucciole che raggranella tra i pensieri scuri
è un viso fatto da una sola guancia, l’altra pudica
sotto ai capelli serba crateri di amore.

Computo

Non c’è alba che mi svegli
senza farmi leccare la luce
che ho mendicato ai lampioni, alle stelle
al calore di un sogno ininterrotto;
non volta in cui io creda
che il viaggio lo facciano i fiori sui marciapiedi
l’asfalto lucido, e provi a rilassarmi
perchè so che inciamperò sull’olio
e la mia strada andrà in rovina.
E’ meglio credere che il rovescio della medaglia
venga subito coniato, così si fa l’abitudine al male
anche se alla bellezza -che mi crepa-
non so resistere e da lei mi faccio infliggere
quanto c’è di inspiegabile.

Plenilunio di rane

Il silenzio delle notti in estate
ha quel prodigio in più
che addensa le piccole gioie
nelle pagine di una favola.
Il vento leggero orchestra il cielo
a passi d’amore, come ho sempre voluto
mentre la luna panciuta inargenta il movimento delle rane.
Il tempo mi ha resa sfrontata
guardo dritto ai crateri come piccoli occhi
atti di stupore sbocciati per noi due
che, a sorsate, ci baciamo d’aura.

 

Kaos

Voglio poter arrivare ad avere l’orecchio assoluto
ascoltare l’armadio nelle melodie degli scheletri repressi
connettere singole, isolate note
nell’opinione che lo specchio ha di me
scegliere un profumo per il tasso alcolico
annusarne la vita finchè non si spella.
Consiglio al soffitto di appartarsi con l’immaginazione
che qualche dritta gliela dà, per arrivare al cielo
voglio che l’età di quando ero piccola mi ingarbugli ancora gli occhi
perciò nelle notti indecise tra innocenti curiosità e soluzioni
chiedo aiuto al caos.

La natura nascosta delle labbra

Osservi la natura nascosta delle labbra
quel lasso di carne che movimenta voci
baci, sorrisi.
Una foglia dal rosso croccante, presa tra le dita
mi sollevi e curvi così, a capire
se mai fosse appartenuta al tuo sottobosco.
Quanta filosofia negli occhi, amore mio
i grandi pensatori avrebbero voluto cose semplici
nel futuro delle pagine.
Quello stelo in ombra
che diffonde il sorriso nel mio viso, bacialo
senza chiedere. Mi farò turgida
come la radice che mi irrora del tuo gusto.