Quanto cielo c’è
nel mare che mi corre addosso
ipnotizzato dai tuoi piedi
che forzano le chiuse dei miei desideri.
Quanto mare c’è
negli miei occhi storditi dal sole
eppure vigili sulle tue calette
dove acquietare il letargo.
Archivio mensile:Ottobre 2013
Ad Oriente
Seguimi
nel pozzo dei desideri
setacciane i sospiri
con dita complici
fino a trovare la chiave
che chiude i confini del mondo.
Fatti inseguire dalle mie risate
asseconda i miei silenzi
fino a questo scorcio d’oriente,
getta la chiave nella serratura d’orizzonte.
Il nulla intorno a noi
ha gli occhi di un bambino
che aspetta la favola della vita.
La mia tempia, la tua spalla
nell’istante del voltar pagina.
La cura della pioggia
Chiami la pioggia
come la terra t’ha bisbigliato nel cuore.
La bocca urla
e labbra si dilatano in crepe di siccità
e dita s’inarcano sul precipizio del piacere
anelando alla nenia
delle gocce che ammansiscono la pelle.
Quante lacrime fa
Quante lacrime fa
ho scardinato l’uscio
perché te ne andassi
senza il bisogno di girare la chiave
solo il gesto di rivestirti
con quel silenzio che attutiva
i miei limiti.
Quante lacrime fa
ho poggiato la fronte
su un selciato di lentiggini e nei
che mai conduceva (finiva con) a te,
gemuto nell’insenatura tra collo e spalla
richiamando il tuo porto.
Quante lacrime fa
vorrei poter dire di aver smesso di piangere
ma le guance sono campi coltivati col sale
e i ricordi fiori mai pensati.
La panchina di fronte
Sei foglia umida
di clorofilla e legno
disegnata su quella panchina
dall’emozione del cielo.
Si distrae la brezza, e tu con lei
inventi un cenno dei limiti
per me, che t’osservo
oltre i bordi di migliaia di foglie
sulla panchina di fronte.
Sbrigati, divincoliamo l’anima
da un destino di pioggia,
filiamo un ponte di linfa
su una marea che pianta in terra
giorni identici ai giorni.
Camminiamo a ritroso
sopra impronte lasciate da attimi già fioriti
intrecciamo schiene
rami, tronchi, radici
fino alla giunzione del desiderio.
Esortazione
Leggimi gli impeti lasciati al pascolo dei giorni
traducili e domali, come un dito
che zittisce il vento tra le pagine.
Leggimi gli attimi in cui la testa
trova riparo tra le ginocchia
forza gli scuri sul petto
perché vi entri danza,
risate, musica e tutte le parole
che tu sai essere luce per me.
Scompiglia le strofe
sovverti le favole
leggimi con l’alfabeto uscito da una pozione.
Diventa luna per il mio corpo di donna.