La marmellata, altrove

Da un letto di febbre
incollo ciglia al soffitto, nuvola fittizia
che sello per il mio sogno.

Stridono, le vene bruciano
nelle scintille di gambe asservite
a geometrie di binari
ormai pensati senza comandi di scambio.

Stridono, le vene urlano
mi spezzano le gambe in possibilità.

Uno sbaglio color fragola sul soffitto
non alba
non tramonto
semplice marmellata che sto facendo
nell’altrove, con noi.

Sono il tuo sacrificio

Sono quel tipo di sacrificio
capace a perdonarti
giorni sonnambuli
giorni smarriti nella spuma di birra
giorni che albeggiano prima del tempo,
mentre vegli.

Sono quel sacrificio
nel farmi sapone
sui palmi alla deriva di carezze
nell’annegarti i pori, così
da viaggiare tu senza pelle
incapace a trovare la mia.

Sono sacrificio
le mie dita che girano viti
in quell’ingranaggio che ha velleità
d’orizzonte. L’abbraccio.

Però rimani

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Ti ho sfilata dai sensi
vena che m’alimentava di sangue tumefatto
di porte sbattute
di schegge d’unghie incastrate nei cardini.
Alle ferite non rimane
che l’impotenza di asciugare il cuore
con stracci intrisi.