Gli occhi interrotti
nella materia esatta
da cui si sviluppano i tuoi.
Archivio mensile:Novembre 2014
Sono l’affresco dei tuoi desideri.
Al pianoforte
La mente pretendeva certezza
con lo stesso impeto
dei lampi, nel battere i pugni
sull’orizzonte arreso.
Una volta è per sempre
Nell’abbraccio garbato del vaso
la rosa si fidava dell’acqua
corroborante fusto, foglie
anche le spine come impose natura.
La passione danza il commiato alla vita
fino al riverbero dell’ultimo petalo appeso,
l’acqua riluce del rantolo di linfa
che aspetta il tuffo di una vertigine ematica.
Rimbalza la spina
dalla mano del vaso
al fiore che l’ha partorita.
Il mio pensiero
Poggia il foglio vergine
sul vetro ammaliato dal sole,
ricalcane i raggi
addomesticali a forma di sentiero.
Guarda poco più in basso
e corri a fiato leggero
carezza l’arsura di messi sui miei lineamenti.
Si abbeverano le vene
nella sostanza di un bacio.
Cucciola
Schiudo i denti
-cicatrici calcaree delle gengive-
così da godere d’ogni poppata.
Sereno sia Amore
da cui mi nutro senza piagare.
Pura
la perlescenza di caglio sulle labbra.
…come il mio bisogno.
Lucciola
Gioia
tremula, dai riflessi d’alba.
Speranza
Arriverà quel luogo
circoscritto nei punti
tra i miei e i tuoi, di occhi;
un filo camminato dalla carne,
arpeggiato dallo schianto d’anime.
Nuvole e fiele
Regina.
Riuscita a distogliere i suoi occhi
dal fango dell’incomprensione, eri Regina.
Acerbi campi di grano
indoravi con albe di speranza,
fortificavi l’arnia strappandoti pelle e linfa
dietro al sudario tessuto dalle suddite.
L’autunno senza colpa
osserva il nido sciogliersi negli elementi
alla Regina porge memoria
di quando vide il sovrano fuggire.
Vola una foglia
il vento la cuce sul cuore.
Sapore di casa, per la prole interiore.
Sul capo
pendono tuoni, di nuvole e fiele.
Cuore
Osservami
come ti guardi gli steli della barba,
desti nei pori
dall’ora in cui albeggiano le rughe d’espressione.
Osservami
come ti guardi le asole della camicia,
pelli vergini circuite
dall’accennato scricchiolare di stoffa.
Osservati
come mi guardi la schiena farsi amaca
nella nenia dondolata dei fianchi.
Chiamami
senza scomodare nomi propri
solo
come mi osservi nel nome comune
…d’Amore.