Muri

Muri spinati
non un bubbone di petalo
muri di fumo
senza l’oltre che finisca negli occhi.
Muri di latta
impronte di razza non tua
muri di stracci e viveri
ecco come è fatto il mio dio.
Muri senza più lucertole
-calore inesploso-
il sangue non ha poi così freddo
a non scorrere in mani che eviscerano.

Grumo

Cicale
e nebbia dalla camminata stanca.
Pioggia a coriandoli
osmosi che disegna plettri
a suonarci l’asfalto.
Non so cosa ci faccio
in ogni dove,
non sto in ogni
ma solo dove il cuore mi raggruma.

Chi sarà mai?

Dal Tempo
-pensato a tavolino-
è fuggito il poeta.
Girovaga in fazzoletti di spazio
prende corpo in ogni intorno
inciampa –e lo dice- sui sogni
raccoglie e li conserva in bislacche tracce
di inchiostro.
(“Di che colore lo vuole?”
“Del colore dei giorni.”)

(di)speranza

Stoffa a carcasse
scarpe camminate da fossili
che hanno lo stesso DNA della sabbia.
Ossigeno è quel vento
con cui migrazione si plasma
il torace è scrigno di dune.
Soffia tra le costole
sfregia l’eco in crepaccio
la (di)speranza.

Sponde

Amaro
papilla di sale nel barattolo del diniego.
Dolce
un cappello di raggi a cadenzati passi sui miei occhi.
Sto in giorni dal gusto imprevedibile
un piatto caldo lo avrò sempre
ma da bere…
lascio sia la Pietà a mescere Lete*
-sia fatta la sua discrezione-.

* Lete è il fiume dell’oblio, non la marca di acqua minerale.

Primo prezzo

Continenti che sono scaffali
merce deperibile come pedine in ossa
etichette in caduca pelle
e i vestiti rabberciati di scadenza.
Scatolame, che quanto può valere
se ti devi abbassare
perderci dita sulle etichette che si appiccicano
-spalle come tante-
e la via di ciascuno
è disperazione di tutti.