E’ un gioiello le tue dita tra i miei seni
che si snoda da cuore a cuore
una vena invisibile in anatomia
libera, al primo vento di primavera.
Carezzami
nessuna ciglia del tuo sguardo
deve lesinare la mia pelle
c’è ancora troppo respiro, distante dalla tua bocca.
Ti avvicini piano e tutto penombra
il tuo corpo nelle mie certezze
l’ultima volta da sconosciuti
e questa prima che ci combacia.
Il muro scivola
lungo la mia schiena
o sarà per il soffitto,
che lo tocchiamo col godere.
Archivio mensile:Gennaio 2018
Il compleanno della libertà
L’uomo in divisa faceva domande
l’uomo in divisa scriveva risposte
il tempo sui tasti, come un grilletto
marcava i miei occhi in giro per la stanza.
Stasera è un anno che non inghiotto botte
un anno che compro solo scarpe rosse.
Soffio la luce sulla torta
le catene bruciano all’inferno
un dito nella panna e mi sento come lei
leggera e libera, una nuvola che non rabbuia mai.
Dio che guarda dall’alto
Ricalco sui miei capelli
le movenze gentili che vedo fare al vento
tra la chioma degli alberi, carezze
e foglie che si arricciano
salano l’aria di spezie e pensieri.
Le voci vengono da lì
quel punto oltre il quale non so più immaginare
e per il consueto gioco del telefono
sono voci che parlano l’amore.
Dio guarda dall’alto
quanti spigoli ha il mio cuore
a forza di stiparci cassapanche e baci
si crede una casa. Invero è una soffitta
dal tetto maldestro
quando piango piove
e i cambi di stagione di rotta di identità
prendono di muffa.
Dio mi guarda dall’alto, ne sento la pietà
mentre appanno la finestra con le tempie.
Cercando un dettaglio per poterti amare.
Appena posso
The caffè
una tazza una tazzina
appena posso le avvicino
per far stare insieme me con te.
Tolgo tra le nuvole
i venti di tempesta
appena posso le soffio in un’unica luce
che innaffi la rosa e i nostri baci.
Il pranzo la cena
i giorni, l’amore
appena posso li tramo
in una pagina scollata dal resto
scritta fitta fitta la posso appena finire
che già alza un angolo, pronta a volare via
tra i ricci di come carezzi l’aria.
Il capoverso della pioggia
Il suono della pioggia
si indurisce sul selciato
pensa invece, amore, se le gocce
tintinnassero tra loro
come un prologo cristallino
e cadessero sulle nostre schiene
impegnate nella trama del sesso.
Ascolteremmo ciò che pioggia non è
ma ciò che la pioggia racconta
la sabbia del deserto o raccolta dal mare
preghiere di popoli lontani
venti liberati dalle ali degli uccelli,
sotto il comando di ogni capoverso
ci inarcheremmo in ciotole di abbondanza
berremmo in cerchio
io da te tu da me
fino ad assetare la realtà.
Universi paralleli
A tracciare due linee parallele
sono abili i sognatori a mano libera
lascia loro questo compito
e pensa, Amore, a dosare l’equilibrio
col quale poggiare il tuo universo.
Io farò lo stesso
saremo dirimpettai e di certo infelici
perchè due rette parallele ci insegnano
a non incontrarci mai.
Avremo però gioia nella notte
con la luna lampionaia delle case
perchè io saprò che dietro quella tenda
quella è la tua ombra, e tu saprai
che dietro questo vetro
questo è l’amore che ti aspetta.
Correremo allora
le scale a capofitto
ripidi i respiri verso la prima strada utile
lasciate a noi questo compito
tracciare due linee che si incontrano
che siamo abili, innamorati a mano libera.
Potente luna
Immagino su di te
lancette a ritroso di questa notte appena iniziata
e io che mi lascio battezzare
dalla tua chioma albina
lucente, nel cielo muto.
Sulle tue guance rotonde manca uno spicchio di tempo
tempo che non avevo chiesto
di promesse mai nate, piccoli tagli cesarei
senza che la pancia fosse feconda.
Quanti giorni trafugati ai tuoi giorni
porzionati come fette di torta
da far sbranare alla mia bestia famelica
e chiavi, quante i tuoi crateri
dove la bestia sverna
fino alla prossima mattanza.
Ruggine, sul pelo di un cane
a passeggio da solo
ruggine sui latrati di chi vomita l’ultima cena
di chi gli si spegne la vita
ruggine forse su questi lampioni
luce che smorzo un passo dopo l’altro.
Melanconia, malinconia
chissà se significano la stessa cosa
mi chiedo, ma sulle spalle so che vestono uguale.
Cornetti caldi, appena imbustati
poggiata alla macchina tutto profuma
qualsiasi proposito idea convinzione
è come osservare una madre che allatta.
Allora rimango, pure nelle gambe stanche e umide
a guardarti potente
stupore, in un azzurro a giorno.
E tu
E tu
dimostrami che posso gettarmi nell’oceano
sicura che avrai avvertito le nuvole
di non rabbuiare l’aria
dimostrami che posso distrarmi dalla strada
sorriderti, fianco a fianco o dandoti le spalle
mostrami il calore del tuo collo
nell’ultimo sedile di un tram
le braccia dove attraccare
quando corro l’amore sulla sabbia.
Non chiedere cosa sia disposta a fare
schiudi la mia bocca e tintinna un desiderio
-come il cielo al suo pozzo-.
Ascolta…
“E tu?”