La piega del collo fa spazio alla pioggia
sotto il mio vestito azzurro,
il caldo della terra mi attorciglia le gambe
come calle che si abbeverano in cielo.
La luna fugge alla notte
inabissata tra girotondi di vento
e io non cicatrizzo, neppure col sale negli occhi
ma sto -carne rossa-
e respiro per sfida
a tutto questo infinito.
Archivio mensile:Giugno 2018
Cervia, 1979
Da una foto gli occhi riaffiorano
sistemano i colori di allora nella coscienza di adesso
un gatto si struscia a un pozzo
e imbianca la groppa, come le mie ciglia bambine.
L’arsura dei fiori d’intorno
il vento leggero sui miei ricci di grano
questo rimane, papà, tra le nostre rughe
sempre più simili
rimane il sorriso legato ai tuoi calzettoni
per tutto il tempo che ci sarà dato
di camminare insieme.
Dal paracadute
L’aria si riempie di ciò che guardo:
l’erba, come trasgredisce in mare
le colline che arrotondano il cielo
e fazzoletti marroni dove l’uomo
non ha ancora posato la sua cura.
Nei secondi in cui scendo
cerco nel paesaggio
quell’insenatura che mi stia di strada
a ripensare il tuo volto, come fossi appena nata,
gli occhi densi della mia terra natale
e quelle coccinelle dorate
che ti volavano il naso sulla riva di un’onda.
Il mondo scoppia fin quassù
e l’ultimo bacio somiglia a una lacrima
-il ritmo di una foglia-
dove atterro e sogno
per tenerti con me, figlia.