Cercherei
di voltare pagina alla mia pelle
senza mai trovare l’epilogo ai brividi
tendere il ventre al cielo
per farti declinare il piacere al cospetto dei seni.
Cercherei le curvature del vento
per intricare i capelli alle tue dita
e il gusto che provano le efelidi
a confondersi con le costellazioni
questo, cercherei sul tuo viso
sporto al mio bicchiere di rugiada.
Archivio mensile:Settembre 2018
La vertigine
È strada di chiocciola
voce della caramella quando la scarti
è come la trottola disegna l’aria
il senso in cui madre spinge e slaccia la placenta
il soffitto e l’angoscia che ti ci sveglia sotto
è l’amore che mescolo dalle mie labbra ai tuoi occhi.
Equinozio di mare
Il mare trascorre ugual ore
sopra la sabbia
sotto al cielo,
la sua ombra cammina in un circolo di conchiglie
dal sole alla luna
senza lambire mai i miei seni,
due opercoli sul cuore
a guardia del riposo.
Una candela vissuta a metà
Seduta al pianoforte
coi gomiti tremuli che guardano in terra
sono la donna che ha attraversato i tempi
di molti uomini, incapaci smarriti indifferenti
alla mia fiamma che svelo di schiena
perchè non faccia troppa luce nè scaldi troppo.
Una candela vissuta a metà
flebile, nelle notti ventose
che infilano perle di cera tra i seni,
una candela vissuta a metà
stretta nel baluardo di mani senza coraggio.
Una candela vissuta a metà
sono un chiarore che pigia sui tasti
e la calza che si smaglia dal tallone alla coscia
è il tempo di una vena
per entrare in circolo e smorzarmi.
La scarpa, il cappello, la pensione
Una donna sbilenca
sui tacchi che hanno fatto troppi tango con la vita
non sa scegliere tra cannelloni e pollo arrosto
e quel rosso dei peperoni è troppo al sangue.
Un uomo passa poco fuori
un cappello coloniale e barba ingiallita
dal fumo o dalla raucedine dei giorni
che piega tutte le sere
insieme ai pantaloni
gli stessi
consunti.
Urla, la pensione me l’hanno rubata
una vecchia sull’altro marciapiede
a giorni alterni dicono
che cambi la versione dei fatti
non arrivo a fine mese mi hanno scippata
ha gli occhi troppo al sangue
li incrocio e una lacrima cade
sulla carta che avvolge
cannelloni e pollo arrosto.
Vivace
I tuoi passi riflettono
l’elettricità di una nuvola
quando ha paura del temporale
e in un lampo diventi leggiadra
tra gocce di zucchero filato.
Il ciclamino lilla
Spunta da questa mia stagione
tra le foglie di passaggio sui pensieri
il tempo che sembrava sempre autunno
e domenica.
Una corona lilla
-ma basterebbe, lo so, un ciclamino-
mi regala alla terra
e devo vendere il respiro per restare in piedi
le lacrime al lago per crescere con l’acqua dolce.
Eccomi
sono radice che mai ti scorda.
La nostalgia
Questa vena che baciasti più delle altre
oggi, ci si è insinuata la nostalgia.
Avrei dovuto sfilarla
consegnarla alle tue menzogne
liberarmene come un rossetto che mi invecchia.
Brucia questa vena
il tempo fra noi non torna
i lembi della ferita sono lancette sovrapposte
e l’orologio coagula.
Il contatto
La pioggia pigola
nell’endometrio delle mie idee
volto lo sguardo alla finestra e profuma d’acqua
inizio a respirare con la stessa sua cadenza.
E’ così allora che si perde il contatto con gli umani
ridursi in due atomi di idrogeno e uno di ossigeno
a scivolare nuda sul vetro.
L’apostrofo del vento
Sulla ribellione delle foglie
che salutano rami di orizzonte
sulla sciocchezza delle foglie
che zuppe di pozzanghera macerano il marciapiede
arriva l’apostrofo del vento
e ne incerniera il profumo
nella valigia che stringo,
un bagaglio ad ali
per imbarcarmi verso il cielo.