Il passaggio

Acqua, controluce
quanto brucia nei miei occhi che vedono
ciò che neanche tu immagini si possa guardare.
Acqua, controluce alla mia carne
senza una diga a ripararmi
solo sacchi di sale che hai cucito dalle mie lacrime
e buttato nell’anima che tenevo innevata
come gioia di innocenza, dove ridere e tornare bambini.
Controluce alla finestra
sgocciolo di tremore
parlo e mi riverso dentro al mio sorriso
le labbra che si irrugano ma stanno
alle intemperie agli anni alle pietre che mi hai sputato.

Sono un passaggio sempre nuovo
e di qui dovrai passare.

Fragilmente forte

Sono una forza estrema
atto unico gorgo alla vita
come un grano di sabbia che diventa sasso
nella bocca, in urlo al mare calmo
come un gatto che si esaspera nella linea dell’agguato
e quando arriva alla carne la struscia di affetto
come il fazzoletto
che potrei strozzarci i fiori spuntati dalle vene
ma tengo legato in testa.
Fragilmente forte
vedimi così specchio, nei riccioli che mi tremano le dita
a lisciarli tra le forbici
vedimi così onda, nei passi appesi alle vertebre
e anche tu, fortezza, vedimi così
la chiave di volta ce l’ho dietro gli occhi
non ti perdo di vista
e ti smaglio.

L’amante

Sfilate le calze a rete
quel che rimane sulla pelle sono cornici
un rombo dopo l’altro
orologi con spicchi di ore non vissuti.
Dove non mi hai dipinta
sono la carta carbone delle lacrime.

La prua

Se tutte le parole
innamorate, come solo i miei sogni sanno dire
fossero date al cielo nella forma di vela
mi farei architettura di nave
e con la prora di un bacio
arriverei al tuo porto.

Volai, fortissimamente volli

Volai, fortissimamente
sulle prime foglie del volere
quelle sporche di terra
ostilmente compatta a ogni forma di vita.
Volai e stetti
effimera di ali colorate ma ben salda
come un rapace che circonflette l’orizzonte.
Volli e stetti
finchè il volere volò.
Caddi
ostilmente compatta a ogni forma di vita.

Sopravvissuta

Sgoccia la vita
in un rumore che si è fatto ossa
quando gli aghi cercano
gli ultimi rivoli di carne.
La materia è dappertutto
pioggia capelli coperte
mentre gli occhi mi febbricitano neve
e sento in gola il latte degli angeli.
Aspettare è un tempo già in ritardo
che non posso rispettare.

L’andirivieni della pazzia

Nell’andirivieni della pazzia
smisi di poggiarci i piedi
e la graffiai
di righe orizzontali i giorni pari
a righe verticali i giorni dispari
finché non scrissi il mio campo di battaglia.
Aprii la finestra e respirai
gli incubi che il riposo lasciava in bocca
finché la gola si accorciò allo stomaco.
Fui il tutto e il niente
fui notte dalla pelle troppo chiara
fui rabbia daltonica
fui un ammasso di stelle senza sogni intorno.
Poi arrivò la bile
e tra la sua miseria piantai rose spezzate
perché ti ci potessi ferire
portandomi sul grembo una carezza.

In questo amare

A chi non piace il cielo?
E chi non favoleggia, sfogliandone il velo?
Ci sono minuti in cui lo faccio spesso e di più.
Ma sono piccola
un pianeta raggranellato
e ti amo, piccolo pianeta di incertezze.
E che l’universo
ci faccia da satellite
uno specchio di immortalità lo posso anche accettare.

In questa attesa raccolta

In questa attesa raccolta
bacche rosse mi sciolgono i capelli
e le gambe stanno sui pensieri del selciato
come affusolate ali
pronte a inondare il cielo.
In questa attesa raccolta
ciò che vedi esile e composto
è quanto esiste di più.

In questa attesa raccolta
tutto è prospiciente al volo.

Il cappello bianco

Passi, sottobraccio alla vita
lampioni che inseguono luce
sporgono sul suo cappello bianco
a rifletterle le guance.
E’ fatto di ombre
quell’uomo che le abita il cammino,
lui racconta lei annuisce
impercettibile come il tempo
nella sua forma di goccia.
Insieme
la paura non esiste
insieme
inciampare non sanno cosa sia.
Il fiato
sostanzia la carne
i visi nuotano
sotto la falda di un bacio.