Ci siamo arresi in nuvole, nell’ultima corsa del vento
al capolinea privo di segreti.
Deraglia l’arrivo, sfiorati a perdifiato
siamo toraci di scintille che incamerano ossigeno
quanto basta a ficcarci in terra
con la scusa di un temporale.
L’equilibrio sul centro dell’erba
resta difficile se le immagini gocciano e lavano direzioni.
Sul polso ho una bussola
una sola lancetta che indica un tempo immaturo.
Inventiamo quel “quanto ci resta”
diluiamo i piedi nel fango
a dargli densità di pietra
una chiave, poi una volta
come patrocinio di baci
e riserviamo alla fine
un torrione di carezze
finemente merlato dal benevolo ignoto.