Nel parco c’è un tempo che calpesto
fatto di passi e di piccoli sassi
guizzi di avorio del tutto casuali
che sfiorano e dilatano il cerchio dei ricordi.
Chino gambe e braccia
nel gesto torno bambina, in ascolto
a quegli occhi di cui era fatta la terra
puliti di luce e semplici risa.
Le biglie rotolavano senza mai staccare il filo dello sguardo
dopo l’erba, foglie o fango le riportavo a me
e sentivo speranza, che sarei per sempre riuscita
a portare indietro qualsiasi cuore soffiato nel vetro.
Il dolore delle unghie contro un sasso
è il pungente sussulto che ora rimane.