Affioro dalla sabbia
come mille corpi velati di crisalide,
in trasparenza accenno l’insinuarsi dei fianchi nell’aria
dei seni lo sciabordio, tra un’alba femmina
e un tramonto che la carezza di una notte sospesa.
Credi che nel deserto non esista altro
tutto è cielo, e lì si inclinano i tuoi occhi
ormai oscuri di fatica.
Ma io sono rosa, escrescenza dai petali di roccia
mi sfoglio d’ambra e disseto i miraggi.
Tu resta pure coi grani del tuo tempo,
li conterai come mal di pietre.