The caffè
una tazza una tazzina
appena posso le avvicino
per stare insieme me con te.
Tolgo dalle nuvole
i venti di tempesta
appena posso li soffio in un’unica luce
che innaffi la rosa e i nostri baci.
Il pranzo la cena
i giorni, l’amore
appena posso li scrivo
in una pagina che sta per staccarsi
e non faccio in tempo
che già alza un angolo, pronta a volare via
tra i riccioli delle tue carezze.
Sottocuore (Asperger)
Nel mio mondo, sottocuore
decido io come fare andare le cose
i suoni che colorano un disegno
i colori che parlano per me.
Se il foglio è a quadri o righe non mi interessa
gli spigoli li arrotondo in un cappello magico
li faccio diventare i muscoli di Ercole
o gli occhi del destino.
I pastelli sulla carta
hanno il suono del vento
quando entra forte nella mia soffitta
e mi dà una pacca sulla spalla.
I pennelli invece fanno
la voce sottile ai fiori
e spiegano ai mantelli
come essere coraggiosi.
Ogni bolla di sapone
prima o dopo atterra
e in bocca il cioccolato
si scioglie prima che l’arcobaleno
allora mi alzo in piedi
tolgo il tetto alla soffitta
incrocio righe e quadri
in una vela bella dritta.
Non so se rimarrò sul ponte
la gente potrebbe non capire
perchè in cielo appendo un foglio
e ci ricalco il sole
meglio farlo nella stiva
sul tavolo di legno blu
srotolo righe e quadri
del mio mondo, sottocuore.
Il palloncino
Saliscende il vento,
nel sottopancia della lingua
una musica di giostra
ripara dal freddo i cavalli a dondolo.
Palloncino
hai il viso di me bambina
davanti al sole o in terra
sei l’unica ombra che dia luce
ora che rimbocco il cappotto
una volta in più sopra al cuore
e una lacrima brina
se penso che bastava un filo
per farsi stare vicini i sogni.
Potente luna
Immagino su di te
lancette al contrario da questa notte appena iniziata
e io che mi lascio battezzare
dalla tua chioma albina
lucente, nel cielo muto.
Sulle tue guance rotonde manca uno spicchio di tempo
tempo che non avevo chiesto
di promesse mai mantenute, piccoli tagli cesarei
senza che la pancia fosse feconda.
Quanti giorni trafugati ai tuoi giorni
porzionati come fette di torta
da far sbranare alla mia bestia famelica
e chiavi, quante i tuoi crateri
dove la bestia riposa
fino alla prossima mattanza.
Ruggine, sul pelo di un cane
a passeggio da solo
ruggine sui latrati di chi vomita l’ultima cena
di chi gli si spegne la vita
ruggine forse su questi lampioni
luce che smorzo un passo dopo l’altro.
Melanconia, malinconia
chissà se significano la stessa cosa
mi chiedo, ma sulle spalle so che vestono uguale.
Poggiata alla macchina tutto profuma
qualsiasi proposito idea convinzione
è come osservare una madre che allatta.
Allora rimango, pure nelle gambe stanche e umide
a guardarti, potente stupore
in un azzurro a giorno.
Svegliami piano
Ali, sulla città che tutto dorme
ali per ogni adesso che dici
mentre sogno su un letto a quattro spalle.
Svegliami piano
la mia gonna sa ancora di notte
se la agito cadono le stelle che ho sfiorato
a parlare di noi.
Una stella aveva il turno di giorno
vorrei che anche lei sapesse,
allora…
svegliami piano, sotto la gonna.
Alla mezzanotte dell’anno
Avrò opali di vischio ai lobi
grano profumato tra le dita
una coccarda rossa appuntata al cuore
per ogni mio passo, che sarà casa
per ogni tuo sorriso, che sarà tetto
per ogni nostro bacio, che sarà vivanda.
Sorgiva
Sarei una collana di opale
quando inverno ti fa poggiare lo sguardo
ai seni della montagna
sarei il cantico, sulla riva del presepe
sarei quella parola che perdi
socchiudendo le labbra alla fontana
piena nel bicchiere
quando i pensieri tossiscono la gola
ma tu sei deserto senza pellegrini
senza stelle nè preghiere.
Vado a sorgere da un’altra parte.
Un altro giro di capelli
In un respiro di mare
o quanto i raggi del sole impieghino a baciare
ti guardo negli occhi
e tutta la musica gira intorno
alla bellezza.
Fai un altro giro di capelli
un altro un altro ancora, fino a spogliarci del tempo
e poggia il sorriso sul mio silenzio.
Perché questa canzone non finisca
inventeremo nuove note in paradiso.
Un giorno torneremo
Un giorno torneremo sparpagliati sui campi
torneremo spore e il vento ci riconoscerà
tra la bava ferrosa delle bombe
arrotonderemo schegge
piangeremo una maceria alla volta
col cuore impigliato a tegole di stracci
nitidi
nel silenzio a perdita d’occhio.
Lasciarti
A lasciarti
impiegherei più che la mia voce
indugerei sul tremito di cosce
per distinguere il piacere dal pianto
nel saperti un’ultima volta.
A lasciarti in una bolla di vetro
ci metterei poco, in una bolla di vetro
senza una stagione
e lì arriverei con gli occhi
a sapere che pur nella sua neve
non avrai nient’altro pane
al di fuori di me.