La memoria nera

Dei sopravvissuti
le palpebre hanno il gesto di una culla
la forma in leggero dondolare
la tensione di un presente strappato
la riflessione di piedi nella corsa
-col corpo in bilico di ossigeno, solo a mente puoi correre-.
Delle palpebre
i sopravvissuti non sanno cosa farsene
guardano le nuvole come fosse ovatta
la pioggia come un acido che cade indisturbato
dalle orbite del cielo fino in terra corrode tutto
e la memoria si disperde in due pozze nere.

Sabaudia

Tutto vive nello stato di foglia, stamattina.
Caduco
ciclico
per un istante immortalato nel rinascere.
L’acqua trasuda il fondo sabbioso
marinaia di indaco si prepara all’autunno
eppure imbatte le onde sulle caviglie
e mi tiene a sè.
E’ linfa il mare che livella la sabbia profonda
e lascia che il vento la scolpisca in superficie
linfa il castello giocato dal nipote
col nonno che gli incorolla il sole tra i capelli,
linfa il frutto carnoso nella conchiglia.

Tutto vive nel mio stato di foglia
-distesa verde
buca in inverno-
e io vivo di una piccola bocca
per la quale transita il cielo.

La ragazza dal viso tondo

Galleggia
la ragazza dal viso tondo
le guance si muovono umide di stelle promesse;
galleggia non si sa su cosa
il silenzio le foglie il buio il cielo
non si sa se siano così neri
comanda al tempo di filarsi su tutte le cose
senza riuscire a prendermi
dietro i miei occhi di forbici.

Profumo acceso

Si ricongiunge alla sera
ogni profumo cotto dal sole
il pane pensa alla terra nativa di spighe
la pioggia al ventre della nuvola
il gatto a quanto sia fresco il pavimento.
Io scappo di casa a pensare
per due chilometri incrocio gatti spighe
e una voglia focosa di pioggia
ma mi disseta quella curva
prima di svoltare al ritorno
col tuo profumo acceso
più dello stereo di quell’auto in corsa.

Agosto è maturo

La finestra ciondola le ante al vento
l’estate è ormai fiore che si apre solo di notte
quando agosto è maturo per essere frutto
eppure sta sul tempo a inzuccherarsi
come faccio io, tra lenzuola troppo calde
per le unghie che continuano a crescere
ma lo smalto non tiene il passo alla rossa voglia
perciò sbiadisco in mezzaluna d’osso.

La granita

Una foglia dondola in strada
il dispenser di preservativi ronza alla parete
il rosso del semaforo vivacizza il buio
un gatto struscia la notte alla ringhiera
i tavoli nel cortile della casa popolare
i cocomeri a rubinetti aperti
la granita scalda la voglia di togliere i sandali
e graffiarmi con le lucciole.
Un ragazzo morto troppo presto
l’estate che sfreccia alla radio.

Il senso.

Come per le stelle
che galleggiano tra i fondi del caffè.

Mani

Il cuore affiora il seno di vene screziate
che si dondolano sugli archi della mia voce
fino alla sosta fra le tue mani di pace e pane azzimo
imbevute appena
a dissetare le mie lune.