Quando ti incontro
la gioia mi fa proporzione di luce
mi chino e tendo al cielo
a scavare, raccogliere terra che sa di stelle
e stelle incrostate di umana terra.
Le parole diventano grafie
come ho fatto a non capire prima
che quando ti incontro
il tempo non segna le ore ma è movimento
di rocce battute nel vento di ulivi
movimento, quando mi volto e vado via
scordando -di proposito- che forse avrò un domani
che potrebbe essere l’ultima volta della neve.
Si vede il mare
Dalle mie mani si vede il mare
-le mie dita, ora ringhiera ora scogliera-
dalle mie mani si vede il mare
-goccia a goccia, ora lacrima ora salvezza-
dalle mie mani si vede il mare
-che dà il verso al piacere o attracca sulla tua salsedine-
dalle mie mani si vede il mare
-scendi e finiscilo sul mio corpo-.
Cedo
Le tue mani di uomo accolgono il mio ventre
nelle carezze girovaghi, aumenti il passo.
Annodo, sotto sassi di ghirlande
le tentazioni che seccano la gola
ma l’arco di schiena cede sotto l’arco del tempo
per bere dalle tue dita la luce del peccato.
Tre per quanto
Tre baci
tre prove d’amore
prova scritta prova orale, media
tra le prime due
tre carezze: sottopelle al confine
a cielo aperto
tre atti
prologo delirio epilogo
tre quarti: tempo del valzer
e ancora Bacco tabacco Venere
a rimpinzare la tavola, le bocche l’ardore.
Ora e solo ora
contato da noi
il tre può dirsi perfetto.
Il segreto
Brucia il giardino segreto
sterpi e serpi sfavillano l’aria.
Mi imbandisco con il male raffermo
lecco cocci di sangue, via dalla tua pelle
scura come un alveare.
Quando è stata l’ultima quadriglia delle lucciole
il baciarci in punta di piedi
per non svegliare la luna?
Brucia il segreto
nel giardino.
Luna di sangue
Mi ricorda
questa luna di sangue
le ampolle delle mie palpebre
i giochi di chimica che ci travasavi
per distillare infine le mie lacrime.
Potrai essere contento
di eclissare la luna in una macchia di cielo
mai avrai potere però sulla marea
perchè avviene quando pensi che tutto finisca
con un chiarore di lucciole.
Gli occhi delle bestie ti volano addosso
la lupa ingoia il vento
e il silenzio ti si addice come un’ombra,
la tenebra per quando sarai carne senza peso.
Si schiudono alla notte i fiori
accorsi come carezze sul mio viso.
Il temporale
Ti avevo chiesto di non avere paura del temporale
chi vive lo mette in conto
ti avevo chiesto di prendere l’ombrello
la pioggia si è rotta sulle nostre teste
ti avevo chiesto di scavare il fango
solo toccandone il fondo avremmo capito le stelle.
Ma al primo tuono hai tremato e pianto.
Ti avevo chiesto
non hai ascoltato
se non il temporale.
Dietro l’orecchio della conchiglia
Vorrei accorgermi della pioggia prima della terra
prima delle doglie delle nuvole,
essere l’intervallo
tra la carne che attende e quella che spinge,
stare tra il respiro che annega di sete
e quello che torna sottile dopo una contrazione.
Invece finisco sulle dita del vento
perdo potenza e mi perdo la potenza delle cose.
Invisibile
come un capello smangiato dal sole
finisco, in un gesto distratto
dietro l’orecchio di una conchiglia.
Tutto sommato è andata bene, in-onda c’è l’orchestra del mare.
La luna fugge alla notte
La piega del collo fa spazio alla pioggia
sotto il mio vestito azzurro,
il caldo della terra mi attorciglia le gambe
come calle che si abbeverano in cielo.
La luna fugge alla notte
inabissata tra girotondi di vento
e io non cicatrizzo, neppure col sale negli occhi
ma sto -carne rossa-
e respiro per sfida
a tutto questo infinito.
Cervia, 1979
Da una foto gli occhi riaffiorano
sistemano i colori di allora nella coscienza di adesso
un gatto si struscia a un pozzo
e imbianca la groppa, come le mie ciglia bambine.
L’arsura dei fiori d’intorno
il vento leggero sui miei ricci di grano
questo rimane, papà, tra le nostre rughe
sempre più simili
rimane il sorriso legato ai tuoi calzettoni
per tutto il tempo che ci sarà dato
di camminare insieme.